venerdì 30 novembre 2012

♦ 12 054 mattoni...



12 054 mattoni. Come 12 054 sono i giorni che sono passati dal 30 novembre 1979 quando fu pubblicato "The Wall"  dai Pink Floyd.

Sono molto legato a quest'album. Probabilmente è il mio preferito. E, secondo me, è il vero, ultimo album dei  Pink Floyd. 
I Pink Floyd: semplicemente geniali. Formatisi a metà degli anni '60,  sono uno degli emblemi del periodo d'oro della sperimentazione culturale. Nella loro prima fase, sotto l'ispirazione di Syd Barrett, sono tra gli esponenti più importanti del rock psichedelico, sperimentando un po' di tutto, come droghe e come musica.
Il peggio è per Syd Barrett, diventato assolutamente ingestibile, per cui gli altri 3 membri Waters, Wright e Mason sono costretti a sostituirlo con un altro chitarrista, David Gilmour. 
Nella loro seconda fase, la loro ricerca li porta al progressive rock, con suite di 23 minuti (il massimo consentito da una facciata di un LP in vinile) dove le contaminazioni tra il rock, l'opera, rumori portano il gruppo ad un successo planetario.... (The Dark side of the moon, Wish you were here).
Eppoi c'è la terza fase,  musicalmente più povera  ma dove la genialità di Roger Waters nel scrivere testi ha la sua massima espressione: le prove generali con "Animals" nel 1977 e poi la summa con, appunto, The Wall.  
Cio' che è venuto dopo, anche se con firma Pink Floyd, è stato il primo album di Roger Waters (The final cut, 1983) mentre gli album senza Waters (A momentary lapse of reason -1987- e The division bell-1994) sono, a mio avviso, poco più che manovre commerciali per fare cassa.

Ma qual'è la grandezza di The Wall? Non è sicuramente la parte musicale, molto più  convenzionale rispetto ad altri lavori. E' invece l'esempio migliore di concept album, dove una storia si dipana e la musica è al servizio di questo racconto, la storia di Pink che vive una serie di difficoltà personali (la madre possessiva, il padre morto in guerra, la rigidità della scuola, l'amore tradito....) lo portano a rinchiudersi dietro ad un muro, come tanti altri che si nascondono dietro al proprio muro, oppure il fatto di essere quasi invisibili, come anonimi mattoni in un muro.... E questi muri, ieri come oggi, sono pericolosi. E Pink si perde dietro al suo muro, ed in una sorta di autoprocesso, si rende conto che l'unica via di salvezza è tentare di abbattere il muro  e non aver paura di mostrarsi come si è, con pregi e difetti e non avere paura dei propri sentimenti....
E allora, il tentare di scrivere, di raccontare, è il mio personale tentativo di non rimanere chiuso dietro al muro, ma di tanto in tanto, fare (appunto...) quattro passi fuori dal (mio) muro....




Qualche anno dopo, è uscito anche un film, con la regia di Alan Parker e un (allora) sconosciuto Bob Geldof nel ruolo di Pink. Quel film, più che il disco, ha avuto un fortissimo impatto su di me. Avevo 16 o 17 anni, nel bel mezzo di una adolescenza inquieta. Quella sera vidi rappresentati tanti dei miei malesseri a cui non ero riuscito ancora a dare forma. Quella sera diedi addio alla spensierata fanciullezza e capii che il mondo degli adulti era tutt'altro che rose e fiori, ma una battaglia quotidiana.

Ed allora diventava una esigenza comprare il disco, un doppio 33 giri in vinile, che costava un botto. Facemmo società, io e il Cattivo Maestro, pagandone metà a testa....
Son passati tanti anni, e nel tempo ne ho "collezionato" diverse versioni dall'originale in CD, ad un bootleg del tour mondiale successivo, alla versione realizzata a Berlino da Waters, nel 1990, alla caduta del muro, al CD ufficiale del tour, uscito per il ventennale.
Ma la mia preferita è sicuramente la versione del film, dove quasi tutte le canzoni sono state rifatte ( su tutte "Mother"....) con l'aggiunta di una canzone "When the tigers broke free" uscita solo in vinile a 45giri ( il Cattivo Maestro c'e l'ha...) e che sto assaporando mentre scrivo...


E in questi giorni, Roger Waters ha annunciato che l'estate prossima farà un tour mondiale, portando in scena The Wall.
Due date sono in italia.
Chissà.....



sabato 17 novembre 2012

♦ ...ridesti nel vedermi grande e grosso coi fumetti...

E' passato un po' (troppo) tempo da quando ho pestato un po' di tasti a caso, per raccontare qualche storia.
Molte cose sono successe negli ultimi mesi, e non sempre ho avuto il tempo o la possibilità di farlo. Cercherò di recuperare, anche se, a volte, sarò fuori sincronia.
Come questa volta.

Succede spesso che, per dare un titolo decente alle piccole storie che mi piace raccontare, saccheggio canzoni dei miei padri spirituali musicali.
Ed è così anche in questo caso, con un frammento di "Canzone delle situazioni differenti", canzone di Guccini degli anni '70 (1974 o giù di lì).
Perchè io sono grande e grosso (più grosso che grande, per la verità...) ed amo molto i fumetti.
Al punto di prendermi un giorno di vacanza dalla mia vita, per recarmi a Lucca Comics and Games 2012, ovviamente traviato dal Cattivo Maestro, che mi ha procurato il biglietto.
La mia passione dei fumetti parte da lontano, da bambino lettore di albetti  di "Tiramolla", "Provolino" e "Geppo" ( i più anziani sanno di cosa parlo...) per poi passare al mondo di paperi e topi targati Disney, poi passare a Tex, ed in ultimo ai supereroi Marvel, editi dalla indimenticabile casa editrice Corno. 
Poi ho abbandonato per quello che, allora, pensavo fosse un salto di qualità: le riviste prima di automobilismo, poi di calcio. 
Quasi vent'anni di black-out. Solo qualche lettura leggera, disimpegnata: Lupo Alberto e le Sturmtruppen.
 Poi arriviamo al 1996, anno cruciale, anno infernale, annus horribilis. Una delle poche note liete è stato riscoprire i fumetti (sempre  per grazia/colpa del mio Cattivo Maestro!).
E i fumetti sono stati importanti sia per rilassarmi che per riflettere; probabilmente mi hanno evitato guai peggiori.
E in quegli anni di assidua frequenza di Lucca Comics and Games (allora gli appuntamenti erano 2, in primavera ed in autunno), delle fumetterie di Bologna, Modena, Maranello, solo per citare le più importanti,  ho speso delle cifre importanti per rincorrere il tempo perduto: e allora cercare tutto lo scibile umano di Frank Miller ( da Devil a Sin City ), Alan Moore ( da V for Vendetta a Watchman), Neil Gaiman (la saga di Sandman ) senza trascurare i classici  come "Una ballata del mare salato" di Hugo Pratt, "L'eternauta" e cose così..

Ora non è più così. Vado con piacere a Lucca, ma il budget è molto più limitato, in quanto ho un sacco di roba acquistata da leggere "quando avrò tempo..." e invece di tempo ne ho sempre meno....  Eppoi con l'età si comincia ad essere più selettivi.... Vabbè, non devo neanche dare il cattivo esempio ai miei cuccioli!
Confesso comunque che un certo disagio c'è a girare per i tendoni, facendo a gomitate con ragazzi che hanno meno della metà dei miei anni, ad essere circondato da Cosplay....
Stavo riflettendo su questo, aspettando il Cattivo Maestro alle prese con una interminabile fila, quando ho intravisto lo stand dell'editoriale Aurea (quella che pubblica "Lanciostory" e "Skorpio" per intenderci) stranamente vuoto. Mi avvicino per curiosare e vedo dietro al tavolo  un uomo di mezz'eta  tarchiato che armeggia con penne pennarelli
poster.. vengo colto da un dubbio.
" vuoi vedere che è...." non faccio a tempo a finire il pensiero che scorgo la targhetta con il nome appuntata sulla camicia :  Robin Wood.
Robin Wood! Uno dei più grandi sceneggia-tori di fumetti mondiali qui di fronte a me!
Per gli "infedeli" che non lo conoscessero,  Robin Wood ha una vita avventurosa, Paraguaiano di nascita, argentino d'adozione, ha vissuto in diversi paesi (Brasile, Australia, Italia, Danimarca dove vive tuttora) ed ha la rara capacità di scrivere storie  (tante) con ambientazioni diversissime: dal Nippur dell'antica Sumeria al Dago del rinascimento, dal pugile Mojado  alla legione straniera al poliziotto italo americano Savarese del XXsecolo fino alla fantascienza di Gilgamesh, solo per citare i più famosi.

L'occasione di avere un albo con dedica di Robin Wood è troppo ghiotta! vado abbondantemente fuori budget (echissenefrega...) compro un albo cartonato di Dago  e lo porgo al Maestro,  vorrei dirgli quante storie sue ho letto, di come ammiro la sua minuziosa ricostruzione storica di Dago, ma, fantozzianamente mi esce solo un banale " E' un onore incontrarla." Wood alza gli occhi, mi sorride e mi risponde " No. è un onore per me."
Che grande! 
Vabbè sono sopravvissuto ai giovinastri e ai Cosplay, ed ho incontrato uno dei miei miti. Per quest'anno ne è valsa la pena andare a Lucca....