Il dottore dell'amore.... Questo era l'appellativo con cui era noto Titta. Titta... al secolo Giuseppe Tittarelli. Una vera istituzione nel ravennate (e zone limitrofe, e non solo). Lui e le Fecce Tricolori hanno imperversato su tutta la riviera portando il loro rock demenziale in tutti i posti in cui si poteva suonare: feste della birra, sagre, festival di partito, palchetti di stabilimenti balneari... da metà degli anni '90 al 2005 (anno di scioglimento della band) hanno accompagnato le nostre estati....
...La notizia è arrivata come un pugno allo stomaco. Leggo le notizie locali, e tra quelle in evidenza c'è la morte di Titta.
Mi ha rattristato molto, e non solo perchè mi ricordava momenti in cui ero decisamente più giovane. Non era bello, tutt'altro. Non era bravissimo a cantare. I suoi testi erano volgarotti e infarciti di doppi sensi non sempre eleganti. E allora perchè era così apprezzato al punto che la notizia della sua prematura morte (a soli 51 anni) ha avuto così risalto e molti hanno lasciato messaggi. Non saprei dirlo. Titta era già stato citato in post di questo blog, riportando un frammento di una canzone "da giovane spesso sognavo di donne e champagne ma è fatta di s*gh* e gazzosa la dura realtà..." Forse ha ragione il consigliere comunale di Ravenna Rudy Gatta che così ha commentato : "Stanotte sono tornato a casa in macchina cantando a squarciagola "Pane e due etti di crudo". Ho pensato a te, Dottore dell'Amore e a noi ragazzi di campagna cresciuti con te come mito... Sfigati, liberi e felici. Sì, perchè ci hai insegnato che essere sfigati di provincia non è così male:" (fonte http://www.ravennatoday.it/cronaca/morto-cantante-titta-giuseppe-tittarelli-ricordo-amici.html )
E allora grazie di tutto Titta, dottore dell'Amore, che questo viaggio ti sia lieve, che trovi quella serenità che (ultimamente) avevi perso anche a causa della recente malattia. Ho trovato questo suo video, mi sembra un bell'arrivederci...
Il fatto è che spesso, molto spesso ho frequentato la solitudine,
Soprattutto nel periodo che i più dicono spensierato. I quasi vent'anni che vanno dall'adolescenza ai 34 anni (quando ho incontrato colei che è diventata mia moglie) sono stati solo per un quarto circa vissuti condividendo spazi ed emozioni con una lei.
Per i restanti tre/quarti ho indossato spesso il mio vestito color tappezzeria.
E questo mi ha dato una sensazione di vuoto difficilmente colmabile, se ci aggiungiamo che delle relazioni che si susseguivano ne subivo la fine, non ho tanti bei ricordi del periodo. Anzi.
Ma è stato proprio così? Sono stato sempre vittima di ragazze sbagliate, che non mi hanno capito (oppure nemmeno mi hanno mai voluto)?
Certo, essere rifiutati fa male. soprattutto agli animi più sensibili (o sensibilmente maldestri ). E i ricordi dolorosi sono quelli che fanno più compagnia.
Ma è stato proprio così?
Mi sono trovato poco tempo fa a fare i conti con una parte del mio passato, del mio cuore che ogni tanto riaffiora. Come un torrente carsico.
E a dover prendere una decisione. Difficile. Che ha fatto soffrire una persona.
E allora mi sono accorto che non è la prima volta che succede.
Perchè è vero che Maria mi lasciò per i miei vent'anni, regalandomi "cent'anni di solitudine".
Ma è anche vero che non ho mai dato una possibilità alla Futura Cardiologa alla quale avevo spezzato il cuore...
E poi c'è stata la Moretta che, dopo qualche mese di frequentazione mi disse "Non sono innamorata di te, e se lo fossi mi dispiacerebbe tanto..."
Ma c'è stata anche Clara, la ragazza di buona famiglia, con la quale mi sarei sistemato, ma poi mi sono accorto che avevamo due idee del futuro troppo diverse e quindi l'ho lasciata prima di combinare guai peggiori.
Non dimentico poi la ragazza dell'Est con gli occhi azzurri e i capelli scuri, con la quale passai una estate spensierata, e che lasciai al telefono per inseguire un altro sogno.
Quel sogno che poi si è trasformato in un incubo, lasciandomi molte cicatrici....
E allora non è stato tutto uguale, ci sono donne che ho perso. E ce ne sono altre che ho lasciato.
E forse ha ragione Ruggeri quando in "quindici righe" indica che