Il 26 dicembre è sempre stato un giorno importante per me.
Sicuramente perché era il compleanno del nonno.
Ma era anche l'occasione per scambiarsi gli auguri con i parenti, dopo il Natale passato in famiglia.
Una tradizione che si perde nella labile memoria infantile, quando erano le sole quattro sorelle che si incontravano nella casa paterna per festeggiare, lasciando i loro bimbi a giocare con i regali che un (generoso) babbo Natale gli aveva fatto avere il giorno prima. E io, che dovevo essere sempre ad un passo dal mio Nonno.
Nel mio ingenuo immaginario infantile, ogni bambino aveva un nonno, che abitava vicino a loro. I miei cugini avevano il nonno paterno che viveva con loro e io avevo lui.
E mi seccava dividerlo e condividerlo. Non sono mai stato bravo in questo.
Poi sono passati gli anni, Babbo Natale continua a dedicarsi ai bambini piccoli. Che non siamo più noi.
E allora oltre alle quattro sorelle, qualche figlio/cugino che si presentava a casa dei nonni, per un saluto, un brindisi oppure per presentare una morosa...
Poi Nonno ci ha lasciato, e allora l'incontro è diventato ancora più denso di significato e intenso.
Dopo qualche anno anche Nonna ci ha lasciato. Ma nel frattempo anche la famiglia si era allargata; i bimbi di allora sono diventati mariti o mogli e padri e madri...
E una casa, seppur grande, non bastava più, si è cominciato ad affittare una sala.
E così, per tanti anni è stato un piacevole appuntamento irrinunciabile.
Ma quest'anno no.
E non è solo a causa della zona rossa.
I vuoti pesano più dei pieni corrispondenti. Va contro le leggi della fisica ma nelle relazioni umane è così.
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