giovedì 17 marzo 2011

♠ FESTEGGIARE O RIFLETTERE?


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Sarà che non amo le feste in genere.



Sarà che non amo la retorica a piene mani,



ma a me, questo bagno di melassa mi lascia perplesso.



Sgombro subito il campo da dubbi “leghisti”. Probabilmente l'unità d'Italia è la cosa più importante e utile che ci è capitata; se, per un attimo, ripensassimo di essere divisi in 6 o 7 staterelli, saremmo in balia (più di oggi) degli umori dei nostri vicini e in un momento di globalizzazione, saremmo forse solo presi dalle nostre liti da cortile.



Ma il dubbio che mi assale è: c'è solo da festeggiare o c'è più da riflettere?



 Onestamente, mi sembra che questa unità abbia diverse ombre sulle quali riflettere; già il fatto che alcuni ministri, che una parte politica al governo non ritenga di dover partecipare è triste, aggiungiamo che anche parti del territorio non condividono il festeggiamento (penso alla zona di Bolzano) aggiunge tristezza a tristezza.



E allora forse qualcosa non va.



Il primo punto è che, nel 1861, l'Italia era assolutamente incompleta, mancava Roma, mancava parte del triveneto, mancava parte del Trentino- Alto Adige



 Il secondo punto è che l'unificazione ha seguito un grande sogno di un manipolo di magnifici visionari ma, sostanzialmente, è stata una annessione del regno piemontese, spesso subìta dagli altri stati, nel nome di una “presunta” comune identità.
Ma dove? Genti con cultura influenzata da storie completamente diverse (spagnola al sud, cattolica al centro, austroungarica al nord est, francese al nord ovest).



Genti che non parlavano nenche la stessa lingua.



Se penso, per esempio, alla Romania, essi sì che hanno perseguito per secoli il sogno di uno stato unitario, sballottati tra l'impero ottomano e l'impero austroungarico, enclave di lingua latina (comune a tutti) in mezzo a genti slave. E una volta raggiunto, è stato per la fusione di 3 regni.



 Eventi tragici hanno portato gli abitanti dell'Italia a diventare Italiani, a conoscersi; due su tutti:
L'esercito (o meglio, la guerra, soprattutto la 1a Guerra Mondiale) che ha costretto genti di regioni diverse a convivere e sopravvivere insieme.
L'emigrazione al nord alla ricerca di lavoro, alla ricerca di una difficile integrazione.



 Anch'io ho imparato a conoscere gli italiani durante il servizio militare, prima non avevo mai avuto a che fare con ragazzi che non fossero delle regioni confinanti con la mia. Ed è indubbio che ci sono differenze culturali che non aiutano l'integrazione.



Ogni tanto ripenso alle mie frequentazioni piemontesi, ad una bella cittadina, che ha un quartiere intero, dietro ad un supermercato Coop, abitato solo da genti del sud, una specie di ghetto, inviso e quasi evitato dagli autoctoni.



 Ancora negli anni '50/60 in Tv il maestro Manzi insegnava gli elementi base della lingua italiana, ancora i miei genitori parlano preferibilmente dialetto....



allora, la nostra identità nazionale dove stà:
Il segno più evidente, più esteriore sono i festeggiamenti per le vittorie della Nazionale di calcio (per me, spesso eccessivi...)
Il segno più importante sono i tanti italiani, che facendo il loro dovere in giro per il mondo, onorano il nome dell'Italia, e in questo abbraccio sono sicuramente compresi i militari impegnati nelle missioni di pace.



 L'ultima nota riguarda i signori della sinistra, che criticano (giustamente!) l'atteggiamento tenuto dalla Lega. Ma io sono sufficiente vecchio per ricordare che, fino a qualche tempo fa, chi parlava di “Patria”, “Nazione” o “Bandiera” era considerato un becero fascista.....



 Ah, come cambia il tempo.....



...per fortuna.  


 

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