sabato 27 ottobre 2012

♠ l'insegnamento del Colonnello Aureliano Buendia.

Il Colonnello Aureliano Buendìa è uno dei protagonisti di "Cent'anni di solitudine" di G.G. Marquez. Questi, quasi per caso e malvolentieri si trova ad essere il comandante militare di un movimento insurrezionale contro i soprusi dei latifondisti ed i privilegi della Chiesa.
Quello che segue è uno stralcio del libro che racconta l'incontro tra il Colonnello Aureliano Buendìa e "una commissione del suo partito autorizzata a discutere sul bivio a cui era arrivata la guerra..":

  Erano sei avvocati in finanziera e cilindro che sopportavano con duro stoicismo il crudo sole di novembre [..] Verso i primi di dicembre, il colloquio lungamente atteso, che molti prevedevano sarebbe stata una discussione interminabile , si risolse in meno di un'ora.
Nel soffocante salotto buono, vicino allo spettro della pianola insudariata con un lenzuolo bianco, il colonnello Aureliano Buendìa [..] si sedette tra i suoi consiglieri politici, e avvolto nella coperta di lana ascoltò in silenzio le succinte proposte degli emissari. Chiedevano, per prima cosa, di rinunciare alla revisione dei titoli di proprietà della terra per recuperare l'appoggio dei latifondisti liberali. Chiedevano, poi, di rinunciare alla lotta anticlericale per ottenere l'appoggio del popolo cattolico. Chiedevano, per ultimo di rinunciare alle aspirazioni all'uguaglianza di diritti tra figli naturali e legittimi per preservare l'integrità delle famiglie.
"Vuol dire " sorrise il colonnello Aureliano Buendìa "che stiamo lottando solo per il potere."
"Sono riforme tattiche" ribattè uno dei delegati "Per ora la cosa essenziale è allargare la base popolare della guerra. Poi vedremo."

Spesso mi torna in mente questo (amaro) frammento di quel libro. Soprattutto in questi momenti in cui c'è un vistoso scollamento tra i politici e il mondo diciamo "reale".
Ero già sufficientemente grande nel '92, all'epoca di Tangentopoli; ricordo la gente soddisfatta perchè a giorni alterni un qualche politico "ladrone" andava in carcere...  Il pool di Mani Pulite era considerato un manipolo di eroi... Di Pietro era l'incarnazione del giustiziere mascherato che ripara i torti subiti dai più deboli. Lo confesso, per qualche tempo anch'io ho cavalcato quest'onda giustizialista, ma chiedo venia, ero molto giovane....
Poi, almeno per me sono iniziati i primi dubbi, soprattutto davanti ad un uso abbastanza disinvolto della carcerazione preventiva, soprattutto davanti ai primi suicidi...
E' ancora difficile parlare di Tangentopoli con animo sereno, è uno di quegli argomenti ancora abbastanza dogmatico, parliamo solo delle conseguenze: una classe politica corrotta, che rubava per il partito, spazzata via. Le seconde linee che prendono il posto di chi è stato arrestato o politicamente finito.
In più ci sono rimaste tre eredità: il berlusconismo, Di Pietro, e la Lega: bell'affare che abbiamo fatto....
Sono passati vent'anni;  non voglio parlare nè di Berlusconi, nè di Di Pietro e neppure della Lega. Come si sono comportate le seconde linee? Molto peggio di chi abbiamo mandato a casa vent'anni fa,  almeno loro rubavano per un partito, per un idea (giusta o sbagliata). Ma questi rubano per se stessi, per il potere fine a se stesso come, amaramente, sintetizzava il colonnello Buendìa.
E se mandiamo a casa anche questi, il rischio è che quelli che verranno siano peggiori.
Sento spesso persone che fanno dell'antipolitica e del qualunquismo a basso prezzo. E i giornalisti che esortano (direi giustamente) a smetterla di blaterale  e di impegnarsi per cambiare le cose, di impegnarsi in politica, invece di brontolare e basta.
Io ci ho provato, un po' di anni fa. Sono stato contattato da un partito per candidarmi alle elezioni provinciali, serviva un volto nuovo, una faccia pulita per una nuova politica... insomma un utile idiota.
Un po' per l'affetto che ho per la persona che mi aveva contattato, un po' per curiosità, un po' per un briciolo di attenzione alla politica che ho, ho accettato la candidatura, pur non avendo tempo, vivendo a metà tra l'Italia e la Romania.
Una sera mi invitano ad andare ad attaccare i manifesti per il candidato alla presidenza della provincia del partito a cui mi ero (temporaneamente) affiancato. Avevo sentito racconti epici di scontri all'ultima pennellata di colla nelle roventi campagne elettorali degli anni '50 tra i bianchi  e i rossi, per cui accettai l'invito. Mi aspettavo che si cercasse di coprire i manifesti degli "altri" con quelli dei "nostri", con qualcuno a far da palo che gli "altri" non arrivassero  per attaccare i loro manifesti sopra ai "nostri".....
Immaginate la mia sorpresa quanto vidi che si attaccavano i manifesti di Caio sopra a quelli di Tizio,  suo collega di partito....
Una faida interna. E allora a questi cosa gliene frega della cosa pubblica.
Sono solo beghe di potere....

Ma quanto aveva ragione il colonnello Buendìa!

2 commenti:

  1. La realtà che descrivi pur non facendo direttamente politica ma essendo coinvolta tramite il mio compagno che da anni ne è parte attiva,è una realtà che da qualche tempo conosco bene, se prima di ora nutrivo già seri dubbi e fui fra i pochi che dell'opera di Di Pietro non esultò, ora visti cosi da vicino questi "politici locali" hanno spazzato ogni mio dubbio, e mi rendo conto di quanto sono vere e tangibili queste parole " ogni popolo ha lo Stato che si merita".

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  2. Come darti torto? Ne parlavo con delle amiche poco tempo fa dicendo più o meno le stesse cose, "almeno una volta i politici erano votati all'idea, erano POLITICI, persone quanto meno istruite.. ma quelli di adesso??" e va beh... stendiamoci un velo pietoso..
    Ormai la gente è troppo presa da se stessa per pensare anche all'idea..

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