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venerdì 20 maggio 2016
♠ Addio Giacinto (detto Marco)
Mi spiace che i miei figli non avranno occasione di conoscerlo (e apprezzarlo).
Perché dopo questa ipocrita celebrazione post-mortem, questa (cialtrona) classe politica, questa gente che si guarda l'ombelico si dimenticherà presto di questo Gigante, così diverso da loro, così diverso da noi.
Ero un bambino negli anni '70, gli anni delle grandi conquiste sociali che hanno cambiato la nostra società e che hanno visto i Radicali e Pannella in prima fila.
Avevo 7 anni nel 1974, anno del referendum sul divorzio, ne avevo 11 (l'età che ha oggi il mio figlio maggiore) nel 1978, anno della legge 194, sull'interruzione volontaria della gravidanza, ne avevo qualcuno in più nel 1981, anno dei referendum sulla legge 194...
Influenzato dal crescere all'ombra del campanile (e dalla giovane età..) avevo idee nette, pensavo di sapere ciò che era giusto e ciò che era sbagliato e ritenevo Pannella l'incarnazione del diavolo, in fondo il naso adunco e gli occhi fiammeggianti di ardore gli davano un aria mefistofelica.
Ma rimanevo affascinato da quel politico così istrionico, così diverso dagli altri, visti nelle grige tribune politiche degli anni '70, e grigi anch'essi.
Mi ricordo che si scagliava contro la "partitocrazia" in tempi in cui solo lui usava quella parola.
Ma non usava solo parole diverse, aveva anche comportamenti diversi dagli altri.
Non so quando ho cominciato a seguirlo, ad ascoltarlo attentamente, forse è stato un poco alla volta.
E ha sgretolato la mia certezza antiabortista, facendomi capire il senso della riduzione del danno, che la legge 194 serviva soprattutto a far diminuire gli aborti clandestini (che comunque c'erano) piuttosto che sdoganare una (discutibile) pratica anticoncezionale.
E ho imparato la differenza tra diritto e dovere, che una legge permette di esercitare un diritto ma non obbliga a farlo se sei convinto che sia sbagliato ( sia che si tratti di aborto, divorzio o fecondazione assistita). Ma invece, spesso, chi pensa che questo diritto sia sbagliato, pretende di imporre la sua idea agli altri; errore spesso fatto dal mondo clericale.
E forse per questo mi sono allontanato da quel mondo, dove sono cresciuto.
Ma la cosa più importante che ho imparato ascoltando Marco è stato il rispetto. Rispetto per se stessi, rispetto per le idee degli altri, il dialogo con chi la pensa in maniera diversa, il rispetto e attenzione per le minoranze.
E ho imparato a cercare di capire le cose, analizzarle.
Ricordo che nella stagione di Mani Pulite, in cui si festeggiava l'arresto di ogni politico brindando al ladrone messo in galera, i Radicali furono tra i pochi a denunciare l'abuso che si faceva della carcerazione preventiva.
E poi la lotta contro l'accanimento terapeutico, il partito transnazionale, e tante altre che al momento mi sfuggono.
Non ho condiviso tutte le battaglie dei radicali come per esempio sulla legalizzazione delle droghe leggere, ma li ho votati tutte le volte che ho potuto, considerandoli una sorta di "polizza assicurativa sulla nostra democrazia".
Da tempo i Radicali sono in crisi, non trovando più molto spazio nelle istituzioni e nella stampa, ed infatti la nostra democrazia si è decisamente imbarbarita e peggiorata.
Ma non ho intenzione di santificare Giacinto detto Marco, non me lo perdonerebbe, probabilmente la sua enorme personalità, soprattutto nell'ultimo periodo è stata più un ostacolo che un pregio. Spesso è stato paragonato al dio Crono che divorava i suoi figli, per timore che lo soppiantassero.
Ma senza di lui che ne sarà del mondo radicale?
Non lo so.
So che io ho avuto la fortuna di conoscerli e penso che questo bagaglio mi abbia reso una persona un po' migliore.
Per questo mi spiace che i miei figli non avranno occasione di conoscerlo (e apprezzarlo).
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